Strategia energetica nazionale, colpo di coda o di mano del governo Monti

La Strategia Energetica Nazionale (SEN) avrà la forma di un decreto interministeriale tra ministero dello Sviluppo economico e dell’Ambiente, ma per le associazioni ambientaliste si tratta di un colpo di mano, un atto illegittimo adottato da un governo in carica solo per gli affari correnti su una materia di programmazione strategica che tutto rappresenta fuorché ordinaria amministrazione.
09 marzo 2013

“La prossima settimana porteremo a compimento la Strategia Energetica Nazionale”, aveva detto Leonardo Senni, capo dipartimento per l’Energia del ministero dello Sviluppo economico il 7 marzo, aggiungendo che la SEN avrà la forma di “un decreto interministeriale tra ministero dello Sviluppo economico e dell’Ambiente”. Uguale dichiarazione fa il giorno dopo il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, durante la presentazione del rapporto ambientale dell’Ocse sull’Italia, aggiungendo anzi di aver già firmato con il Ministro Passera tale decreto.

Abbiamo fin dall’inizio criticato questo documento di “programmazione” (vedi pdf del documento andato in consultazione), soprattutto perché riteniamo che una strategia energetica degna di questo nome possa solo muoversi su un orizzonte temporale non inferiore ai 20 anni e non a 8 come fa questo documento del governo Monti, che pare voglia cristallizzare l’esistente e conservare gli interessi dei grandi gruppi energetici.

Una SEN con qualche obiettivo positivo per le rinnovabili e l’efficienza energetica che però, visto il resto, sembra solo uno specchietto per le allodole: strumenti inesistentiper raggiungere i target indicati e l’idea che la ‘sostenibilità’ sia solo da ricercare negli aspetti economici, e non certo ambientali, visto che si punta sul raddoppio della produzione nazionale degli idrocarburi e nel far diventare l’Italia un hub del gas, sovrastimando domanda interna e internazionale, con il rischio di realizzare nuove cattedrali nel deserto. E poi c’è l’idea di un modello energetico centralizzato che viene confermata da quel disegno di legge costituzionale di riforma del titolo V del Governo Monti che punta a riportare nel campo della legislazione esclusiva dello Stato anche la produzione, il trasporto e la distribuzione dell’energia. Un paese che puntasse alle rinnovabili e alla generazione distribuita dovrebbe fare esattamente il contrario. Continua a leggere.