Windcity: variable geometry for variable flows


Lunedì, 22 maggio ore 16.30, aula Ke, DEI. Incontro con la ricerca, 6° appuntamento secondo semestre


L’Ospite

L’ing. Morbiato ha studiato Ingegneria Civile a Padova, ma, dopo una breve esperienza come progettista e ricercatore, ha cominciato ad interessarsi al mondo dell’energia e, in particolare, a come trovare un modo efficiente per recuperare le perdite aerodinamiche dovute al traffico veicolare. Così nel 2014 ha fondato una startup, sviluppando il concept iniziale in un progetto più ambizioso: sfondare nel mercato del mini eolico grazie ad un design innovativo, in grado di sfruttare al meglio i venti irregolari, caratteristici degli ambienti urbani.


L’Evento

Avviare una startup nel settore manifatturiero non è cosa semplice, almeno non in Italia. Morbiato ci spiega che non è sufficiente avere una buona idea, occorre che tale idea sia – come si dice in gergo – “disruptive”: innovazione non significa soltanto sviluppare un nuovo prodotto, che vada a soddisfare bisogni emergenti sul mercato, ma anche riuscire a far comunicare settori che altrimenti sarebbero (tecnologicamente) distanti. La startup nasce dunque per coniugare il know how, derivante dall’esperienza e dall’approccio ingegneristico-imprenditoriale, con il know why, desunto dallo studio teorico e dal metodo che è proprio della ricerca scientifica.

I problemi più grossi che Morbiato ha dovuto affrontare fin da subito sono stati di tipo economico e burocratico. Una neonata startup indipendente, infatti, non genera utili (a fronte di numerose spese) e sopravvive per lo più grazie ai premi messi in palio da apposite fondazioni, incubatori o acceleratori. Occorre dunque guadagnarsi la fiducia dei potenziali investitori (i cosiddetti “early adopters”) dimostrando di essere in grado di potersi rapidamente (2-3 anni) guadagnare una fetta di mercato, differenziandosi dai competitors ed adottando un modello di business economicamente sostenibile. Per questo motivo, Morbiato ha deciso di investire buona parte delle proprie risorse nella licenza di brevetto: un’invenzione brevettata è sempre più appetibile agli occhi degli investitori (anche se la procedura di registrazione può rivelarsi molto onerosa per le casse di una piccola azienda).

Grazie al proprio business plan, negli ultimi due anni WindCity ha fatto incetta di premi in tutta Italia e ha coinvolto diversi investitori e potenziali clienti. Nel 2016 ha partecipato al programma Primo Miglio 1609, che ha finanziato la realizzazione del primo prototipo, ed ora sta programmando i test in situ della propria macchina presso i primi clienti pilota. WindCity adesso punta ad inserirsi in un settore in espansione: quello del mini eolico.

Attualmente si registrano sul mercato eolico due trend opposti: da un lato si tende ad aumentare la dimensione (e quindi la potenza) delle tradizionali macchine ad asse orizzontale – fino a progettare costose torri alte più di 100m; dall’altro, si cerca invece di sfruttare correnti sempre più deboli, riducendo la taglia dei dispositivi (rendendoli dunque meno impattanti) ed adottando nuove configurazioni, adatte ad ambienti scarsamente ventosi.

Generalmente, tuttavia, le turbine eoliche vengono progettate ipotizzando che lavorino sempre a regime costante, mentre nella maggior parte dei casi reali esse sono sottoposte a turbolenze, anche intense e prolungate (le quali possono causare problemi di assetto, oppure danni alle componenti elettriche/elettroniche). Si ha dunque che, nel corso dell’anno, molti aerogeneratori producono meno energia di quanto potrebbero e dovrebbero (a volte fino al 70% in meno). Studiandone invece il comportamento in condizioni di flussi variabili (con l’ausilio di simulazioni al calcolatore), è possibile aumentare il cosiddetto “capacity factor” della macchina, il cui valore è dato dal rapporto tra l’energia effettivamente generata in un anno e l’energia che teoricamente essa avrebbe potuto produrre se avesse lavorato costantemente alla potenza massima (si tratta dunque di un fattore di utilizzazione, in genere pari a circa 0.3).

Quest’ultima è la via percorsa da WindCity, che ha disegnato un’innovativa turbina ad asse verticale, in grado di variare autonomamente la propria geometria – in modo da adattarsi puntualmente a tutte le condizioni di vento. Le sue tre pale ricurve a calettatura variabile sono montate su bracci elastici radiali, i quali possono estendersi o accorciarsi, a seconda che il vento soffi più o meno forte, aumentando o riducendo di conseguenza il diametro (e quindi l’inerzia) della turbina stessa. Ciò consente di regolare passivamente la velocità di rotazione, senza bisogno di alcun meccanismo di controllo.

Questo sistema è particolarmente vantaggioso negli ambienti urbani, in cui le turbolenze sono particolarmente marcate e hanno un andamento generalmente impulsivo: la macchina di WindCity è pensata per avviarsi rapidamente anche a velocità di vento molto basse (attorno ai 2÷3 m/s) e mantenere la produzione di energia il più possibile costante (qualità non trascurabile quando si parla di rinnovabili).

Dopo i test in situ ed il collaudo dell’ultimo prototipo (1,3 kW), WindCity prevede per i prossimi anni di poter lanciare sul mercato macchine di taglia compresa tra i 2 e i 15 kW, con una tecnologia economicamente competitiva in Europa ed in grado di produrre, su base annua, il doppio di kWh/m2 rispetto al mini eolico attualmente in commercio. Ma non è tutto: l’ing. Morbiato spera di poter adattare, in futuro, le proprie turbine all’ambiente marino, in modo da riuscire a sfruttare le correnti variabili di un fluido denso come l’acqua.