MEHITS: Sistemi Idronici Per IT Cooling

L’incontro ha riguardato le soluzioni innovative che l’azienda MEHITS sta portando avanti per la gestione del raffreddamento nei data center, un segmento di mercato in crescita esponenziale non solo per la maggiore richiesta di servizi informatici dovuti alla pandemia ma anche per l’aumento della mole di dati a seguito delle nuove possibilità come lo streaming, il cloud, l’IoT, ecc. In questo promettente settore si inserisce Mitsubishi Electric Hydronics & IT Cooling Systems, società del gruppo Mitsubishi con lo scopo di fornire servizi di IT cooling ai grandi players mondiali dell’informatica. L’azienda ha la propria sede a Bassano del Grappa (VI) ed è operativa in tutto il mondo con particolare focus in Europa, India e Cina.

A titolo di esempio, fino ad oggi sono stati creati 44 ZB di dati, dove 1 ZB corrisponde a 1021 Bytes.

Il relatore Marco Bettiol, Product Manager Coordinator nel ramo IT cooling, ha illustrato come non sia ancora chiaro al grande pubblico la correlazione lineare tra l’aumento nella generazione dei dati informatici e il contestuale incremento dell’energia consumata. Nel prossimo futuro, l’attività dei data center potrebbe diventare estremamente energivora, aspetto non gratificante per le Big Five (Google, Amazon, Facebook, Apple, Microsoft), sempre attente ad avere un’immagine rispettosa dell’ambiente.

A titolo esemplificativo, considerato 1 MVA, fornito dalla rete elettrica, possiamo ottenere circa 800 kW di potenza effettiva. Di questi, solo 500 kW vengono direttamente usati per le necessità di calcolo, IT load, mentre i restanti 300 kW sono assorbiti dagli ausiliari, dei quali ben 240 kW, ovvero il 30% di 800 kW, vengono richiesti dal sistema di raffreddamento. 

Da queste osservazioni derivano i due principali indici di efficienza per un data center:

  

Come si può vedere dal grafico, mentre all’inizio vi sono stati grossi miglioramenti dell’indice PUE grazie a grosse innovazioni tecnologiche, negli ultimi anni il valore si è appiattito su 1.5/1.6 a dimostrazione delle attuali difficoltà nell’implementare ulteriori progressi significativi. 

 

Fonte: Uptime Institute

 

In questo promettente settore, si inserisce MEHITS, Mitsubishi Electric Hydronics & IT Cooling Systems, società del gruppo Mitsubishi con lo scopo di fornire servizi di IT cooling ai grandi players mondiali dell’informatica. L’azienda ha la propria sede a Bassano del Grappa (VI) ed è operativa in tutto il mondo con particolare focus in Europa, India e Cina.


 

Fonte: Refrigeration Engineering, KTH, Stockholm, 2011

Nei data center, il raffreddamento avviene tramite la macchina frigorifera, denominata chiller, che funziona secondo il ciclo di Carnot inverso: asporta calore da un ambiente più freddo (low temperature heat source) ad un ambiente più caldo (high temperature heat sink). Essendo un trasferimento di calore non spontaneo, esso può avvenire solo con un contributo di lavoro dall’ esterno.

 


Fonte: Refrigeration Engineering, KTH, Stockholm, 2011

Il circuito è composto da un fluido refrigerante che ha la possibilità di trovarsi allo stato di vapore in condizioni di temperatura inferiori rispetto a quella dell’ambiente da raffreddare. Il liquido, sottraendo calore dall’ambiente, cambia fase nello scambiatore di calore chiamato per l’appunto evaporatore. Successivamente, il compressore ne eleva la pressione portandolo al condensatore, dove il calore viene ceduto all’esterno, attraverso un altro cambiamento di fase. Una valvola di laminazione riporta la pressione a quella dell’evaporatore per un nuovo ciclo.  


Nel caso dell’IT cooling si sono sviluppati principalmente i sistemi:

  • CW system (chilled water)

Sistema ad acqua, che raffredda direttamente i processori, mentre il calore viene rimosso da un evaporatore collegato al circuito dell’acqua.

  • DX system (direct expansion)

Il pavimento del data center è rialzato: l’aria fredda esce in corrispondenza degli armadi coi server, mentre quella riscaldata, che asporta il calore, viene portata via verso l’esterno.

Il calore dei data center non è facilmente usabile in sistemi di recupero energetico sebbene questi possono essere visti come delle piccole stufette elettriche dal punto di vista termico. Il problema principale risiede nel fatto che è calore di bassa qualità e temperatura, ma sono allo studio sistemi utili al riscaldamento degli edifici adiacenti al data center accoppiando il calore recuperato ad una pompa di calore.

La soluzione tecnica è senz’altro efficiente ma si scontra spesso con la difficoltà di individuare applicazioni reali perché solo di rado la proprietà di un data center trova convenienza economica a riscaldare ambienti in prossimità che spesso non sono di sua pertinenza. 

In Finlandia si è verificata una convergenza di interessi permettendo a MEHITS di installare una versione del sistema a recupero: Fortum district heating.

Fonte: MEHITS


L’ASHRAE, ente americano per i sistemi di riscaldamento e raffreddamento, consiglia di fornire aria alla temperatura 18-27 °C gradi, al fine di non ridurre la vita dei server. 

Nonostante questo consiglio, la tendenza attuale spinge ad alzare le temperature di funzionamento sia per via della migliore qualità dei server sia soprattutto perché entro tre anni le macchine dovranno comunque essere sostituite con nuove più performanti. Questo incremento della temperatura di esercizio è ovviamente molto utile nella riduzione del consumo energetico da parte dei chillers.  

Nell’ultimo periodo si stanno sviluppando soluzioni di Free-Cooling, ovvero si preferisce sfruttare il freddo contenuto nell’aria esterna direttamente all’interno del data center. Chiaramente questa innovazione trova maggiore impiego nei climi freddi del Nord Europa. 

Il passaggio dal Mechanical-Cooling, il compressore elabora l’intera portata di raffrescamento, al Hybrid-Cooling, posizione intermedia, e poi al Free-Cooling viene regolato da una valvola a tre vie.


Qualsiasi caduta di servizio di un data center ha costi enormi per le Big Tech in termini di perdita di guadagni e di immagine. Pertanto, i sistemi di raffreddamento devono funzionare in continuazione. Questo si ottiene attraverso la ridondanza del sistema stesso, indicata da una scala specifica:

  • TIER I: assenza di ridondanza.
  • TIER IV: massima ridondanza.

Oggigiorno è preferibile rimanere su TIER II, senza avvalersi della doppia ridondanza. Infatti, si consiglia di raddoppiare il numero di data center in modo da avere un backup a salvaguardia del sistema anche nel caso di eventi naturali come alluvioni o terremoti.

L’uso dell’aria, che, come ogni gas, ha una bassa densità ed inoltre possiede un ridotto valore del coefficiente convettivo si sta rilevando una scelta limitante. Per questo sono allo studio i Liquid Cooling Server Sleeves, nei quali i server sono immersi nell’ olio diatermico, che non è soggetto ai problemi riscontrati con l’aria.


Il mondo dei fluidi refrigeranti sta vivendo una grossa rivoluzione. Per direttiva europea tutta la famiglia dei gas HFCs – Hydrofluorocarbons – è in phase-down a causa del loro contributo climalterante. Generalmente vengono sostituiti da nuove miscele come R32 e R452B, che sono purtroppo mildly flammable, pertanto richiedono particolari accortezze nel loro utilizzo.