Perché il cambiamento climatico ci interessa così poco

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Pubblicato da Il Post il 6 Maggio 2018


Perché le notizie sul cambiamento climatico spesso ci annoiano, magari al punto di non aver voglia di leggere questo articolo che ha l’espressione “cambiamento climatico” nel titolo? Perché anche se siamo convinti che il cambiamento climatico sia reale la maggior parte del tempo non agiamo attivamente per contrastarlo? Lo psicologo ed economista Per Espen Stoknes, autore del saggio What We Think About When We Try Not to Think About Global Warming, ha provato a rispondere a queste domande analizzando centinaia di studi di scienze sociali sull’argomento ed è giunto alla conclusione che ci siano cinque ragioni psicologiche per cui la lotta al cambiamento climatico coinvolge poco le persone. Sono riassunte in cinque concetti:

  1. Distanza, sia temporale che spaziale delle conseguenze negative del cambiamento climatico;
  2. Destino, cioè il fatto che percepiamo il cambiamento climatico come inevitabile ormai;
  3. Dissonanza tra ciò che facciamo ogni giorno – andare in automobile, tenere il riscaldamento acceso, consumare plastica – e ciò che sappiamo dovremmo fare, che è una cosa che ci fa sentire ipocriti;
  4. Rifiuto del problema, che viene naturale quando non vogliamo sentirci responsabili;
  5. Identità, intesa come identità culturale e valori politici, che spesso nelle persone con orientamento conservatore spinge al rifiuto.

Stoknes ha spiegato a Vox che la paura di qualcosa di apparentemente inevitabile e lontano ci rende passivi, e che quando poi ci sentiamo anche colpevoli (perché sappiamo di non fare abbastanza per risolvere il problema) preferiamo non pensare al problema per cui abbiamo i sensi di colpa. Quando si parlava soprattutto del buco nell’ozono, era stato facile influenzare il comportamento delle persone di tutto il mondo e far prendere loro provvedimenti fino a (più o meno) risolvere il problema: un po’ perché la causa del problema era ben visibile a tutti sotto forma di bombolette spray nelle cucine e nei bagni delle case, un po’ perché i raggi ultravioletti hanno la conseguenza diretta e non lontana nel tempo di provocare tumori della pelle. L’anidride carbonica emessa da automobili, impianti di riscaldamento, fabbriche e allevamenti intensivi è invisibile e la sua diffusione nell’atmosfera ha conseguenze molto più complesse. Anche l’espressione “buco nell’ozono” funzionava di più a livello comunicativo rispetto a “cambiamento climatico”: descriveva un problema meno vago e con un’immagine concreta. […]


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