E se il petrolio non finisse mai?

E se il petrolio non finisse mai?

di Antonio Russo – @ilmondosommerso
Secondo l’Atlantic dovremmo iniziare a porci questo problema (e intanto arriva l’idrato di metano, il “ghiaccio che brucia”, che costa meno delle rinnovabili)

6 maggio 2013

Il 12 marzo scorso la nave-Idrato di metanopiattaforma giapponese Chikyu – ancorata a sud dell’isola di Honshū, in Giappone – ha concluso con successo la prima estrazione di gas naturale da depositi di idrati di metano presenti al di sotto del fondale marino, nella fossa di Nankai. Il Giappone – che è uno dei maggiori importatori mondiali di petrolio, carbone e gas naturale – ha investito negli ultimi dieci anni circa 700 milioni di dollari in programmi di ricerca sugli idrati di metano, ritenuti da molti studiosi una fonte di energia potenzialmente vantaggiosa sia per l’abbondanza di riserve non ancora utilizzate sia in termini di potere energetico rispetto al petrolio e al carbone. L’Atlantic ha provato a immaginare uno scenario futuro in cui i combustibili fossili siano ancora la principale fonte energetica del pianeta: prima di spiegare perché, però, bisogna capire che cosa sono proprio gli idrati di metano.

Cosa sono gli idrati di metano
Gli idrati di metano sono dei solidi cristallini che hanno un aspetto simile al ghiaccio ma sono composti da molecole di gas “ingabbiate” in molecole di acqua (sono altamente infiammabili ma non esplodono, e per questo motivo a volte vengono definiti “ghiaccio che brucia”). Come tutti i combustibili fossili sviluppatisi in milioni di anni, gli idrati di metano rientrano nelle fonti di energia non rinnovabile. Si formano in seguito alla decomposizione e sedimentazione di sostanze organiche – plancton, fanghi, liquami – in condizioni di alta pressione e temperature vicine allo zero: proprio le condizioni riscontrabili nei fondali oceanici. L’attività dei batteri produce bolle di gas metano che non hanno il tempo di risalire in superficie attraverso le sedimentazioni porose: incontrano subito l’alta pressione e le basse temperature, e si combinano con le molecole d’acqua rimanendo intrappolate in queste strutture reticolate che tutte insieme formano delle spesse lastre di ghiaccio. Lungo le dorsali oceaniche, in corrispondenza dei margini delle placche, queste sedimentazioni possono estendersi fino a qualche centinaio di metri sotto i fondali. Continua a leggere su www.ilposto.it