Il Paradosso Dell’Energia Idroelettrica: Forse Non È Così Carbon-Free Come Si Pensava

Bird's Eye View Of A Dam - Photo by Kees Streefkerk

Pubblicato da The Guardian il 6 Novembre 2016


Lo sfruttamento dell’energia idroelettrica è storicamente considerato un settore d’importanza strategica, non solo in Italia, ma anche in paesi come Cina, Canada, Brasile e Stati Uniti, i quali costituiscono i maggiori produttori di elettricità da tale fonte (in particolare la Cina, che ha tanto investito – ed investe tuttora – in questo comparto).

Tale tecnologia, infatti, presenta degli indiscutibili vantaggi: sfrutta una risorsa (generalmente) rinnovabile – ossia l’acqua; produce elettricità in modo flessibile, assecondando le variazioni di richiesta da parte della rete, a costi competitivi; offre la possibilità di accumulare grandi quantità di energia tramite pompaggio, “trasformando” elettricità di scarso valore commerciale (potenza in eccesso, proveniente dalla rete) in energia pulita di maggiore valore. Ma è veramente così eco-friendly come si è sempre pensato?

Come ben sappiamo, la costruzione di un impianto idroelettrico, specie se di grandi dimensioni, può avere un grosso impatto ambientale, con conseguenze sia positive che negative sul territorio circostante. Se da un lato la presenza di una diga può apportare benefici all’assetto idrogeologico locale (tramite il costante controllo della portata dei corsi d’acqua interessati), dall’altro può modificare pesantemente (con esiti talvolta imprevedibili) gli ecosistemi e gli habitat animali, le conformazioni idrologiche, i microclimi, gli insediamenti umani e le relative attività economiche, sia a monte che a valle della diga stessa.

Ciò che non è mai stato ben chiaro, invece, è l’entità degli effetti climalteranti dovuti alla generazione di energia da tale fonte, finora ritenuti del tutto assenti o generalmente irrilevanti: nell’inventario delle emissioni antropogeniche la voce “idroelettrico” non compare.

Un nuovo studio della Washington State University prova a far luce su questa questione. Analizzando dati e rilevazioni provenienti da più di 250 bacini idrici in tutto il mondo, il team di ricerca ha concluso che la produzione di gas serra ad essi imputabile sarebbe tutt’altro che trascurabile: gli scienziati hanno stimato un valore (indicativo) di emissioni annue pari a 773 Mt equivalenti di CO2, corrispondente a circa l’1,5% delle totali emissioni annuali di origine antropica.

Poco meno dell’80% dei gas rilasciati in atmosfera sarebbe costituito, secondo tale studio, da metano (CH4), il 17% da anidride carbonica ed il resto da N2O. Ciò sarebbe dovuto alla decomposizione dei materiali organici depositati sul fondo dei laghi artificiali: i vegetali terrestri, che durante la crescita avevano assorbito e immagazzinato carbonio, una volta sommersi dalle acque cominciano a marcire, sprigionando gas serra. Se la pressione idrostatica è sufficientemente elevata, questi gas rimangono intrappolati o si disciolgono, mentre quando la pressione diminuisce oltre una certa soglia, emergono in superficie e si disperdono in atmosfera. Queste variazioni di pressione avvengono frequentemente se il bacino è collegato ad un impianto idroelettrico, in quanto il livello dell’acqua accumulata nell’invaso sale o scende a seconda della richiesta di energia dalla rete.

Una ricerca analoga, condotta precedentemente presso l’Institute of Environmental Engineering di Zurigo, prende in esame oltre 1400 centrali idroelettriche in tutto il mondo (che coprono più del 40% della generazione idroelettrica globale). I risultati cui arriva sono per certi versi simili, anche se conclude che la quota maggiore di inquinamento si dovrebbe all’anidride carbonica, invece che al metano.

Entrambi gli studi, tuttavia, offrono soltanto delle stime preliminari, affette da un discreto grado di incertezza (dovuto alla scarsità di dati e alla mancanza di un comune metodo di valutazione e modellizzazione): molto lavoro deve ancora essere svolto per affinare le tecniche di analisi, per individuare quali siano le diverse variabili in gioco e, soprattutto, per comprendere appieno i meccanismi che regolano le emissioni di gas nei bacini idroelettrici.


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The Hydropower Paradox