È possibile scaricare le slide proiettate durante l’incontro da questo link (Biocombustibili).
La presentazione del Dott. Bernardi è stata strutturata in due parti: dopo una descrizione generale sui biocarburanti spiegando cosa essi siano e come siano strutturati gli impianti per la loro produzione in generale, si è soffermato su due esempi in particolare, ovvero l’ottimizzazione di processo riguardante la coltivazione di micro alghe (possibile biomassa per ottenere biocarburanti) e l’ottimizzazione di un’ipotetica filiera per la produzione di bioetanolo nel Nord Italia.
I biocarburanti sono combustibili liquidi derivanti da biomassa; possono essere divisi in prima, seconda e terza generazione a seconda del tipo di biomassa utilizzata per produrli: mentre la prima generazione utilizza mais o semi oleaginosi, creando problemi di sostenibilità, la seconda e la terza generazione utilizzano rispettivamente biomassa ligneo-cellulosica e micro-alghe.
Le micro-alghe sono organismi che compiono fotosintesi e accumulano olii al proprio interno, utilizzabili per la produzione di biodiesel: esse sono interessanti principalmente per la loro produttività potenziale in quanto rispetto alle piante superiori, richiedono molto meno terreno per essere coltivate. Ciononostante, la loro produzione su larga scala non è ancora competitiva né dal punto di vista ambientale né dal punto di vista economico. La fase di coltivazione delle micro-alghe può avvenire con due metodi diversi: all’interno di contenitori aperti verso l’esterno (open-pond), oppure all’interno di fotobioreattori con pareti trasparenti per permettere alle alghe contenute di compiere il processo di fotosintesi. Il sistema di produzione migliore (maggior controllo della produttività, concentrazione più elevata delle alghe, minor problema di contaminazione di specie non desiderate come funghi e batteri) è quello che impiega i fotobioreattori per permettere lo sviluppo di micro-alghe scelte in base alla loro velocità di crescita e alla capacità di immagazzinamento di olii. Attualmente, uno dei compiti del Dott. Bernardi all’interno del suo gruppo di ricerca è proprio quello di realizzare un modello che descriva la crescita delle micro-alghe all’interno di un fotobioreattore in funzione dell’intensità luminosa e di altri parametri: tale modello sarà poi impiegato per ottimizzare il design dei fotobioreattori stessi sia dal punto di vista economico che dal punto di vista ambientale.
Una filiera di biocarburante è generalmente costituita da tre processi principali: produzione di biomassa, trasformazione di questa in biocarburante e utilizzazione del biocarburante. Oltre all’ottimizzazione delle tre fasi distinte, è fondamentale compiere un’ottimizzazione della filiera nel suo complesso. Per far ciò si utilizzano tecniche di ottimizzazione matematica che descrivono il sistema attraverso equazioni e disequazioni (bilanci di materia e di energia, vincoli), funzioni di variabili intere e di variabili discrete (decisionali). Si ottiene così un modello che consente di effettuare un’ottimizzazione di tipo spaziale, associata cioè ad un’area geografica, simulazioni deterministiche e stocastiche, considerazioni economiche e ambientali.La filiera che è stata descritta dal modello realizzato presso l’Università di Padova è la filiera del bioetanolo, partendo dalla fase di coltivazione della biomassa (mais), fino alla fase di distribuzione del bioetanolo, analizzando sia aspetti economici che ambientali, facendo riferimento alla regione geografica del Nord Italia, la zona in Italia più adatta alla coltivazione del mais. Ciò che ci si aspetta di ottenere come output del modello è dove collocare i centri di produzione della biomassa, gli impianti di trasformazione e i centri di raccolta del bioetanolo.Le simulazioni che sono state compiute hanno portato a soluzioni nel design della filiera del bioetanolo diametralmente opposte a seconda che si desse maggior peso agli obiettivi di tipo economico o agli obiettivi di carattere ambientale (riduzione della produzione di gas serra e del consumo di acqua): la filiera che raggiungeva l’ottimo economico era basata su bioetanolo di prima generazione, ottenuto da mais importato dall’estero, elaborato in pochi centri di trasformazione in prossimità dei porti. Al contrario, la filiera che mirava ad un ottimo di tipo ambientale si basava su etanolo di seconda generazione, ricavato dalla lavorazione di mais prodotto localmente in piccoli centri di trasformazione.La soluzione ibrida a cavallo tra la prima e la seconda generazione ha fornito invece interessanti risultati sia dal punto di vista economico che ambientale.