Dopo le temperature record registrate l’anno scorso con picchi di 45°C, l’estate australiana torna con una nuova e drammatica emergenza: da più di tre mesi l’area sud-orientale dell’isola (il New South Wales) brucia a causa degli incendi boschivi che stanno distruggendo la vegetazione e sterminando la fauna selvatica – compresi migliaia di koala.
La costa est è la più colpita dal disastro, ma centinaia di roghi divampano in tutto il Paese, comprese le isole minori. E non è solo il patrimonio naturale ad essere minacciato: le fiamme hanno avvolto decine di centri abitati e minacciano di lambire anche le due principali metropoli del continente, Sydney e Canberra.
Per la conta dei danni definitiva si attende la fine dell’emergenza, ma le stime parlano di oltre 60’000 kmq di foresta andati in fumo, quasi 1500 abitazioni perdute, 23 morti e una decina di dispersi, mentre il numero di sfollati (turisti compresi) cresce man mano che le città a rischio vengono evacuate.
Per chi abita nelle zone coinvolte (in particolare nelle popolose regioni dello Stato di Victoria e del New South Wales) la situazione non è semplice: le temperature estive hanno raggiunto picchi senza precedenti (con massime che in alcuni luoghi superano i 45°C); l’aria è resa a tratti irrespirabile dalla coltre di fumo che copre il cielo e invade le strade; i rifornimenti di cibo e carburante scarseggiano, mentre i servizi elettrici e di telecomunicazione rischiano il collasso – ove non siano già interrotti.
L’IOD positivo registrato nel 2019 è il più forte verificatosi negli ultimi sessant’anni ed è responsabile tanto degli incendi in Australia, quanto delle piogge torrenziali e delle alluvioni nel Corno d’Africa: esso infatti colpisce entrambe le sponde dell’Oceano Indiano, intensificando le precipitazioni sulla costa orientale africana e riducendole fortemente nel sud-est asiatico.
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